La Storia

L'Istituto Professionale per l'Agricoltura prende l'avvio nel 1953, dopo una serie di iniziative provvisorie. Finita la Guerra, la Fondazione "F.lli Navarra" da inizio a una serie di corsi a Malborghetto, precursori alla nascita dell'Istituto Professionale per l'Agricoltura - Scuola per Coltivatori Diretti e Mezzadri, biennale con Convitto. Nell'ottobre 1961 lo Stato nazionalizza tutti gli Istituti professionali; grazie alla Fondazione il Convitto rimane gratuito per i figli di agricoltori o addetti del settore residenti nel Ferrarese.
Sempre in questo primo anno, l'Istituto organizza la prima Giornata dimostrativa di macchine per la Frutticoltura, da cui deriverà la biennale "Eurofrut". Nel 1963 il Comune di Ferrara delibera di intitolare l'istituto ai Fratelli Navarra e nel 1964 mette l'azienda agraria a disposizione per sperimentazioni delle Università di Bologna, Firenze, Piacenza.

Nel 1967 si costruisce la Palestra a Malborghetto, e nell'anno seguente si attiva la sede di Ostellato con un corso integrale di Qualifica per Meccanici. Nell'a.s. 1970-1971 si avvia il corso per Agrotecnici che consente la prosecuzione degli studi con diritto di accesso all'Università. Si amplia il Convitto, portandone la capienza a 100 posti dai 40 iniziali, con l'aggiunta di un altro centinaio per i semi-convittori e Ostellato viene dotato di terreni nel Mezzano. A maggio del 1980, l'Istituto accoglie una delegazione dell'Accademia delle Scienze Sociali della Repubblica Popolare Cinese.
A partire dall'anno scolastico 1995/96 alla tradizionale qualifica di "operatore agroindustriale" si affianca quella di "operatore agroambientale", integrato nella nuova sigla di Istituto Professionale Statale per l'Agricoltura e l'Ambiente (IPSAA).
Nel contempo si converte l'azienda agraria della scuola alla produzione con metodo biologico e certificato, mentre si avvia la sperimentazione di un impianto d'irrigazione a goccia del frutteto con alimentazione ad energia fotovoltaica.
Con la riforma nuove materie vengono poi introdotte e in questa ottica si inserisce la creazione, nella sede di Malborghetto, di un percorso cartografico-ambientale che ha i suoi punti di forza nella Carta del Basso Po e nel Modello planoaltimetrico della provincia di Ferrara.
Presso la sede di Ostellato, poi, approfittando della vicinanza con l'area del Parco del Delta del Po, ci si propone di formare una figura di Tecnico Agroambientale con competenze agrituristiche, in grado di affrontare la gestione aziendale nel rispetto dell'ambiente ma anche di adottare opportune tecniche di riconversione.
Un aspetto del Progetto '92 ha ulteriormente qualificato l'attività del Navarra: l'integrazione delle persone disabili. Grazie al contesto ambientale in cui l'istituto è inserito, è possibile ideare progetti in cui il rapporto diretto con i processi del mondo naturale risulti di grande utilità dal punto di vista formativo. Lo sviluppo dei cicli vitali e la possibilità di partecipare al loro realizzarsi favorisce infatti il processo di crescita individuale, di autonomia e autostima degli studenti.
Con la riorganizzazione della rete scolastica, le due sedi dell'Istituto Navarra, Malborghetto e Ostellato, dal 1997 fino a settembre 2012, vengono accorpate all'Istituto Professionale per l'Industria e l'Artigianato (IPSIA) "Ercole I D'Este" di Ferrara. Nell'anno scolastico 2002/03 partono poi le prime classi dell'Istituto Tecnico Agrario e l'Istituto Navarra modifica il percorso formativo specificatamente in Tecnico. Con l'anno scolastico 2010/2011 entra progressivamente in vigore il riordino della scuola secondaria superiore. L'Istituto Tecnico Agrario confluisce nel settore Tecnologico ad indirizzo "Agraria, Agroalimentare e Agricoltura" (C8), con l'Articolazione "Gestione dell'Ambiente e del Territorio".
A partire dal 1 settembre 2013 è attivo anche il percorso Professionale, settore Servizi ad indirizzo "Servizi per l'Agricoltura e lo Sviluppo Rurale", opzione "Valorizzazione e commercializzazione dei prodotti agricoli del territorio"Approfondimento storico a cura del Prof. Mauro Bovoli

L’ingresso dell’agricoltura ferrarese nel Ventesimo Secolo, dopo quelli dell’isolamento e dell’emigrazione, è contrassegnato da due tendenze di segno opposto irriducibilmente conflittuali: le lotte bracciantili (con i grandi scioperi e la Settimana Rossa) e la reazione degli agrari (con la serrata attorno al Fascismo). Questo lo scenario che è riecheggiato lungo le generazioni, indirizzando scelte e schieramenti.Veramente, la realtà offriva una maggiore varietà di opzioni, e non tutte vennero sacrificate alle scelte di parte, neppure nei momenti di maggiore urgenza.E’ appunto il caso di un’entità certo minore ma significativa, e alla lunga incisiva e strategica come quella del “Navarra”, Fondazione e Istituto.Tutto ha preso l’avvio da una scelta che ha un sapore di Belle Epoque, dalla opzione filantropica di due fratelli, Gustavo e Severino Navarra, ricchi proprietari terrieri, scapoli ebons viveurs (i loro ritratti “in riposo” sono visibili presso l’omonima Fondazione, assieme ad alcuni caratteristici cimeli), i quali decisero dal 1907 di dedicare per via testamentaria i loro ingenti averi alla costituzione di una Scuola di Studi pratici di Agricoltura per i Ferraresi.La Fondazionead hoc eretta sul duplice testamento è registrata già nel 1923, quindi ben prima delle imprese di Rossoni sul territorio.Teoricamente, la scuola avrebbe dovuto avviarsi in stretta consequenzialità: difatti dello stesso anno abbiamo la stesura del suo Regolamento; ma il cammino dovette trovare ostacoli seri, sia prima che dopo la Guerra, tali da far rinviare l’iniziativa per un trentennio. L’unico atto in questo lungo vuoto è una “Scuola Pratica di Agricoltura” per orfani di lavoratori durata tre anni, 1926-1929.Sta di fatto che l’Istituto Professionale per l’Agricoltura prese l’avvio solo nel 1953, in forma abbastanza dimessa ma senz’altro strutturata per durare, dopo una serie di iniziative provvisorie e itineranti che comunque colmarono il periodo dell’immediata Ricostruzione post-bellica.Anche di queste possediamo tracce sufficienti ad indicarne l’importanza e il peso che l’esperienza ebbe sulle scelte dell’Istituto che ne sarebbe seguito, a cominciare dalla stessa opzione per un Professionale ripetutamente confermata negli anni.

Finita la Guerra, la Fondazione avvia una serie di corsi “complementari”, cioè ad orario ridotto, per periodi limitati (3 mesi è il più significativo), funzionali alla formazione professionale. Evidentemente, il suo modello sono le “Cattedre Ambulanti di Agricoltura” arrivate a Ferrara mezzo secolo prima. Sede, Malborghetto, con un corso di Frutticoltura; cui seguono rapidamente molte altre località della provincia, fra speranze (corso di Viticoltura) e nostalgie (corso di Canapicoltura). L’esperienza coinvolgerà in complesso circa 3000 persone.

La Fondazione dà vita all’Istituto Professionale per l’Agricoltura – Scuola per Coltivatori Diretti e Mezzadri, biennale. Diretto da un Preside, Antonio Turchi, e da un Commissario Ministeriale della Fondazione, Mario Dotti (il primo per due anni, il secondo per tutto il resto della sua vita). Gli insegnanti sono quattro, più un tecnico pratico: mentre questo è variabile, gli altri sono già quelli che si firmeranno per tanti anni in calce alle delibere dell’Istituto e ai rendiconti del Convitto. Il Convitto è frequentato da tutti gli allievi del corso per Coltivatori Diretti, e sostenuto da una borsa di studio dell’Ente per la Colonizzazione del Delta in forma di posti gratuiti, conforme allo spirito che elaborerà il “trinomio Convitto-Scuola-Azienda” come formula riassuntiva per lo stesso Istituto. Il corso è biennale, e si svolge da febbraio a novembre; alla prima verifica, vengono “riprovati” ed “espulsi” (insomma bocciati) 6 studenti su 20 iscritti. Sempre a Malborghetto, si è attivata una Scuola di Frutticoltura (10 iscritti), una di Meccanica Agraria e una di Zootecnia,annuali e ad orario ridotto (3 pomeriggi la settimana), ciascuna con un responsabile. Si profila la distinzione che verrà titolata rispettivamente “Scuola Integrale” e “Scuola Complementare” e significherà due anime distinte della stessa vocazione educativa: da una parte un corso biennale per ragazzi di 14-16 anni (i “Giovani”) a tempo pieno (con l’obbligo conseguente del Convitto), dall’altra un corso annuale per persone di età superiore (gli “Adulti”, età 16-30 anni) in orario pomeridiano e serale, insomma per lavoratori. Su questi ultimi, negli anni successivi la Presidenza finirà per spendere con convinzione molte energie: “L’Istituto Complementare deve contribuire a fermare l’esodo dalle campagne degli elementi più capaci e volonterosi rendendo il loro lavoro più piacevole in quanto migliorato e confortato da una inquadrata preparazione”. Il Corso Complementare ricalca evidentemente (anche per la scelta delle sedi che prolifereranno a partire dall’anno successivo) i vecchi corsi di Frutticoltura avviati dalla Fondazione per contribuire alla ricostruzione post-bellica.1954. Gli iscritti al corso per Coltivatori Diretti e Mezzadri (corso integrale) sono 17. Ma nel corso complementare di Frutticoltura sono passati a 84; e se ne è avviato un altro a Quartesana con 188 iscritti. L’Azienda dell’Istituto, 40 ettari forniti ovviamente dalla Fondazione, compie anche altre attività anteriori all’Istituto: un Centro Tori(=monta taurina)e un impianto per la lavorazione del Tabacco dalla coltivazione all’imbottamento.1955 (la scansione annalistica è necessaria per questa prima fase). E’ nominato Preside il direttore dell’Avviamento di Formignana Ciro Guidorzi, con l’appendice di una docenza per Coltivazioni Arboree, Erbacee e Difesa Fitosanitaria. Il suo impegno principale è mettere a punto quello che oggi chiameremmo un “modello didattico” per un istituto di cui esistono ben pochi esempi; un modello che sia funzionale al riscatto di quella generazione di braccianti e operai che dovrà costituire la popolazione di questa nuova scuola che aspira ad entrare profondamente nel territorio.Gli iscritti al corso Coltivatori Diretti e Mezzadri sono 36 (22 cl.I + 14 cl.II); sempre a Malborghetto, risultano 26 iscritti al corso per Frutticoltori; a Quartesana sono 42; inoltre, la Fondazione ha avviato un corso Frutticoltori a Rovereto con notevole adesione (almeno 60 iscritti). Comunque, Guidorzi trova anche il tempo per organizzare a Malborghetto il primo congresso della Società Orticola Italiana.1956. Gli iscritti del Corso integrale aumentano di poco (21 + 17 nelle due classi) e lo stesso si verificherà l’anno seguente (25 + 13). Davanti al complesso scolastico viene attivato anche un asilo, gestito da Suore, “sorto sotto gli auspici della Fondazione Navarra per quell’opera di bonifica spirituale che deve preludere ai compiti tecnici segnati dai F.lli Navarra alla Fondazione”.
Nell’ottobre1961 lo Stato nazionalizza tutti gli Istituti professionali. La Fondazione è chiamata ad assumersi alcuni oneri di gestione per Malborghetto: manutenzione dei locali, illuminazione, riscaldamento e acqua; assume anche spontaneamente quelli del Convitto, che è gratuito per i figli di agricoltori o addetti del settore residenti nel Ferrarese (nel 1968 otterrà di passarlo in carico allo Stato, in conseguenza della sua crescita). Nel nuovo assetto entra istituzionalmente il Corso Preparatorio, un anno integrativo per gli studenti sprovvisti della Licenza media che ora è obbligatoria. Ma già nel 1960 (“Statistica dei corsi liberi di istruzione tecnica e per lavoratori”) la scuola indica come titolo di studio richiesto per il corso Coltivatori Diretti la Licenza Media inferiore. Questo fa pensare che per chi ne era sprovvisto funzionasse già il Corso Preparatorio: v. l’opuscolo a stampa S.A.T.E. (senza data, ma circa 1957) che indica il “breve corso preparatorio” alla classe I, consistente in 40-50 ore inserite al principio di essa. Sempre in questo primo anno, l’Istituto organizza la prima Giornata dimostrativa di macchine per la Frutticoltura, da cui deriverà la biennale “Eurofrut”.Nel 1963 il Comune di Ferrara (Sindaco Spero Ghedini) delibera di intitolare l’istituto statalizzato ai Fratelli Navarra.A.s. 1964-65: l’Istituto modifica motu proprio per Malborghetto il corso ministeriale di “Esperti Coltivatori” in “Esperti Coltivatori Frutticoltori” (la scelta incontrerà qualche difficoltà all’esterno, e sarà necessario motivarla con la “vocazione” frutticola della zona).Un anno dopo, viene istituita la sezione integrale di Pomposa, dotata di convitto, per una scuola di Frutticoltura. Il Preside Guidorzi considera tutte le potenzialità (compreso il Complementare) di una scuola ormai estesa sul territorio ma incapace di ulteriore crescita per due motivi: la spesa e la difficoltà a trovare insegnanti per le materie professionali. Infatti non è previsto il Ruolo nè l’Abilitazione per queste materie, sicchè bisogna spesso accontentarsi di docenti provenienti da classi di concorso “affini”. Guidorzi mette l’azienda dell’Istituto a disposizione per sperimentazioni delle Università di Bologna, Firenze, Piacenza. Cura anche l’accoglienza di un giovane messicano, che intende compiere la sua formazione professionale in Italia (e su quell’esperienza ritornerà in tante occasioni, proponendola come un successo dell’Istituto, il primo di una lunga serie di aperture educative e professionali).Sono le prime linee di quella che si potrebbe definire la “dottrina Guidorzi”, destinata a caratterizzare la storia dell’Istituto per trent’anni, quindi ad imprimergli un profilo che ben difficilmente si potrebbe immaginare diverso. Valorizzare l’Istituto nelle sue potenzialità, valorizzare l’elemento umano che lo qualifica, come due facce di una medesima medaglia. Per l’Istituto: aprire alla sperimentazione, aprire al sociale (politica, associazioni di categoria e sodalizi socio-culturali, altre scuole), aprire alle ditte produttrici del settore. Per l’Elemento umano: attenzione alle sue esigenze, cura della disciplina a scuola e in Convitto, vigilanza sui sempre possibili abbandoni, interesse per l’inserimento lavorativo post-scolastico, offerta di contatti con il mondo professionale e con la cultura (visite aziendali, viaggi di istruzione); per il Personale, una difesa oltranzista di coloro che lui aveva scelto e la Burocrazia minacciava di sottrargli. Gestione paternalistica, senza dubbio, e magari anche aziendalistica: ma gli anni erano tali, e si consideri che la lista degli interessi “umani” è molto più ricca di quelli “istituzionali”.Il caso più noto di questo attaccamento del Preside al personale della sua scuola è quello di Luciano Chiappini, che vi entrò nel 1965 come insegnante esordiente sprovvisto di abilitazione: già conosciuto come studioso della Storia locale (due anni dopo sarebbe uscita la sua opera maggiore, Gli Estensi) e stimato come uomo di buona volontà nella comunità civile ed ecclesiale, Chiappini si trovò ben presto a rischio di perdere la cattedra ad opera di un ricorrente provvisto di abilitazione (ma non della laurea in Lettere: costume allora diffuso negli Istituti Professionali). Guidorzi si oppose alla sostituzione in tutte le sedi, fino al Ministero, appellandosi alla facoltà dei Consigli di Amministrazione degli Istituti Professionali a scegliere gli insegnanti in base a propri criteri di valutazione, per reclamare il diritto di tenere un Luciano Chiappini nella propria scuola. Poi, per tutti gli anni della presidenza Guidorzi circolò (alimentata da lui stesso) la leggenda di una dichiarazione di fedeltà dell’interessato a questo Istituto come un atto di “apostolato missionario”, che Luciano smentì sempre come apocrifa; ma nella sostanza aveva naturalmente ragione il Preside. Un’altra vita guadagnata al Navarra è quella di Luciano Corazza, diplomato per la Scuola Elementare che ha speso abbondantemente la sua esistenza lavorativa nella prima e nella seconda epoca dell’Istituto, come insegnante (Italiano, Storia e Matematica!) e come responsabile del Convitto, instancabile in entrambi i ruoli. Accanto a lui, immolati alle esigenze del Convitto o dell’Azienda, hanno profuso tutta la loro umana generosità senza orario e senza calendario, oltre le competenze tecniche per le quali erano stati assunti, Ferdinando Tumaini, Franco Trombelli, Gianni Menegatti, Alberto Gavioli e Antonio Ungarelli.Nell’a.s. 1967-68 l’Istituto accelera l’occupazione del territorio. I corsi: Malborghetto (integrale), Quartesana (complementare per Frutticoltori), S. Giorgio (idem), Scortichino (complementare per Frutticoltori), Pomposa (integrale per Frutticoltori), Copparo (complementare per Frutticoltori), Cento (integrale), Coronella (complementare per Frutticoltori), Massafiscaglia (complementare per Frutticoltori). All’aumento degli impegni dell’Istituto, il Ministero risponde con un paio di contributi molto attesi: la costruzione di una Palestra a Malborghetto, e soprattutto l’assunzione degli oneri della refezione per i Convittori. Il Preside e la Fondazione si accollano l’imperativo estetico di popolare di essenze arboree il giardino antistante la sede.L’anno seguente si attivano le sedi di Ostellato (corso integrale di Qualifica per Meccanici) e Voghiera (corso di Qualifica per Frutticoltori). In realtà, l’Istituto ha avviato un’opera di consolidamento di certe sedi “strategiche” con un conseguente sfoltimento dei Complementari.A.s. 1969-70. Mentre l’Istituto dirada le sue proliferazioni nella provincia, si registrano manifestazioni studentesche nelle tre sedi integrali per ottenere il corso per Agrotecnici istituito con la Legge 754 del 27-X-69, auspicato da tutti a cominciare dalla Presidenza di un Istituto Professionale che si deve limitare a fornire una Qualifica biennale.
Nell’a.s. 1970-1971 il Ministero attiva il corso per Agrotecnici che consente la prosecuzione degli studi dopo la Qualifica fino ad un esame di Maturità, con diritto di accesso (finalmente!) alla stessa Università. Ma il numero di corsi è limitato (350 per ora, poi 600) e nessuno viene concesso a Malborghetto, nonostante le precoci manifestazioni. Il Preside, evidentemente un manifestante della prim’ora, non aspetta un secondo appello e chiede alla Fondazione che si attivi per costituire una classe III “legalmente riconosciuta”. Così, nello stesso anno scolastico nasce la prima classe per Agrotecnici di Malborghetto. Il Ministero, che ha suggerito questa via, confermerà il riconoscimento l’anno successivo (la statalizzazione avverrà solo dopo un altro anno). Solo il personale si lamenta, per le retribuzioni scarse.Entro l’annata, intanto si provvede a rinnovare ed ampliare il Convitto, portandone la capienza a 100 posti dai 40 iniziali, con l’aggiunta di un altro centinaio per i semi-convittori (i numeri risulteranno abbastanza flessibili nelle successive relazioni). L’accordo, avviato già nel 1969, prevede rimborsi alla Fondazione per le spese di convitto da parte del Ministero.A.s. 1972-73. Gli alunni sono passati in un anno complessivamente da 361 a 478. Il Preside si attiva per nuovi sbocchi post-Qualifica: accanto al corso per Agrotecnici, delinea un corso di Specializzazione per Frutticoltori che verrà avviato l’anno seguente: è un’alternativa al primo, dettata dalla convinzione che si innesti meglio sul ceppo del tradizionale Biennio.L’anno seguente, il Preside lancia un nuovo segnale: un solo corso per Agrotecnici non basta più. Chiesta senza esito una nuova sezione al Ministero, torna a fare appello alle forze locali, in questo caso le Amministrazioni comunale e provinciale, perchè compiano questo raddoppio in forma di corso privato. Contestualmente, apre nuove sedi a Pilastri di Bondeno (in sostituzione di Coronella), S. Maria Codifiume, Ripapersico e Massafiscaglia. Ostellato viene dotato di terreni nel Mezzano, in concessione temporanea.A decorrere dal novembre 1974, i Consigli di Amministrazione degli Istituti Professionali vengono sostituiti da Consigli di Istituto (D.P. 31-V-1974 n. 416). Mentre escono dal suo istituto e dalla scuola italiana i primi Agrotecnici, Guidorzi prende appassionatamente le difese della vecchia Qualifica professionale. Interviene con altrettanta passione in ambito locale celebrando la “Festa degli Alberi” con una proposta rivolta alla valorizzazione delle Mura di Ferrara. Ottiene un ampliamento per le sedi di Ostellato e Mesola; inaugura a Malborghetto il nuovo edificio del Convitto con aule annesse e la neonata Palestra e si impegna perchè l’Autobus colleghi Malborghetto alla città; auspica infine la costruzione di una nuova sede centrale e di un secondo corso per gli Agrotecnici. I numeri gli danno ragione: dai 198 alunni del 1972-73 la sede è passata ai 232 dell’anno successivo poi ai 276 dell’anno in corso; nel 1975-76 raggiungerà i 370, raddoppiando in tre anni la popolazione.1980. In maggio, l’Istituto accoglie una delegazione dell’Accademia delle Scienze Sociali della Repubblica popolare Cinese. Ad ottobre, il nuovo anno scolastico si apre nella nuova sede, anche se occorre mantenere in funzione anche la vecchia annessa al Convitto: i frequentatori di Malborghetto sono almeno 700.Per tutti gli anni ’70 sono aumentati sistematicamente. Sull’onda della crescita, prende corpo l’intenzione di rivendicare per gli Agrotecnici la parità di diritti nella professione con i Periti Agrari. Il primo atto di questo impegno è la costituzione nel 1979 di un Coordinamento Nazionale; l’anno della svolta è il 1983, e Guidorzi rivolge il suo appello a sostegno della vertenza a tutte le autorità competenti, compresi un deputato e quattro senatori. Intanto, anche Ostellato si inserisce nella nuova direzione avviando il Trienno post-Qualifica.Nel 1985, concluso l’anno scolastico, a settembre Guidorzi va in pensione.Un anno dopo, il Parlamento approva la legge che istituisce l’Albo Professionale degli Agrotecnici (legge n. 251 del giugno 1986). Era stata l’ultima frontiera per lui, quella che avrebbe consentito una reale parità con i Periti Agrari per i suoi amatissimi Agrotecnici.In realtà, questo nuovo ciclo si trova a coincidere con la fine di un’epoca nella storia dell’Istituto. Dopo Guidorzi, verranno Presidenze di breve durata, affidate a persone esterne al territorio quando non alla stessa pratica professionale; mentre il carico burocratico ministeriale farà sentire sempre più il suo peso, e la comunità ferrarese diverrà sempre più distratta nei riguardi dell’Agricoltura. Con tutta la personale buona volontà, questi dirigenti non riusciranno ad impedire un progressivo scollamento della scuola dal tessuto circostante, e lo stesso rapporto con la Fondazione si ridurrà a contatti di routine.Diciamo che in pochi anni si verifica un completo rovesciamento della formula con la quale il Navarra si era radicato al centro degli interessi sociali ed economici dell’intera provincia. E la risalita darà da fare più del previsto.
Alla fine degli anni Ottanta il mondo dell’istruzione professionale agraria entra in fibrillazione. Da poco il Parlamento, con la legge 251 del 1986, ha istituito l’Albo professionale degli Agrotecnici, una vera conquista per le scuole professionali agrarie, e già il Ministero della Pubblica Istruzione avvia una sperimentazione che prenderà poi corpo nel cosiddetto Progetto ’92, e che prevedendo strutturali modifiche per l’istruzione agraria dà luogo a un acceso dibattito.Quanti sono favorevoli al nuovo orientamento sostengono l’esigenza di una preparazione non più regionale ma europea (nel gennaio del 1991, in effetti, l’Europa delle professionalità verrà unificata), con una base culturale comune non specialistica ma formativa, con insegnamenti collegiali e interdisciplinari, una programmazione modulare e la co-presenza degli insegnanti di teoria e pratica. Le quattro ore di approfondimento nel triennio inferiore, insieme alla cosiddetta “terza area” per il quarto e quinto anno, dovrebbero insomma preparare un Tecnico agrario in grado di svolgere anche mansioni imprenditoriali. Si afferma in questo modo non solo una nuova idea del tempo scolastico, ma la necessità di far fronte a un mondo agricolo in rapida trasformazione senza restare esclusi dal mercato del lavoro.A poco valgono le obiezioni di chi sostiene che le modifiche in realtà formeranno un Tecnico dalla preparazione generica, non più in grado di conoscere a fondo le coltivazioni e il loro impatto sul territorio. Nè l’accusa, peraltro motivata, che la nuova forma di sperimentazione venga imposta frettolosamente e senza il tempo di effettuare le opportune verifiche. Il profilo del nuovo professionale agrario si struttura così in un biennio inferiore con insegnamenti suddivisi in un’area comune, un’area professionalizzante e quattro ore di approfondimento. A cui segue un “monoennio”, orribile neologismo per indicare il terzo anno di corso che dà diritto all’ottenimento di una qualifica, e infine, per chi desidera continuare, un biennio post-qualifica che prevede un’area comune (discipline umanistiche e scientifiche) e un’area di settore. Per cercare di superare il gap fra le logiche dell’istruzione e quelle dell’impresa, unificando sapere e saper-fare, nel biennio superiore si provvede poi all’istituzione della cosiddetta “terza area” o area professionalizzante. Considerata la principale innovazione del Progetto ’92, è una area che prevede corsi su particolari tematiche legate ad esigenze regionali e territoriali, coordinati da un tutor, decisi all’inizio dell’anno scolastico dal Collegio dei docenti e articolati in una serie di lezioni frontali e stage aziendali.

IL PROGETTO 92

A partire dall’anno scolastico 1988/89, Preside il prof. Mario Scagliarini, il Navarra abbraccia il nuovo corso e avvia importanti iniziative. La prima delle quali è la preparazione di un convegno (il 6 e 7 maggio 1989) dal titolo emblematicamente interrogativo: Una scuola rinnovata: per quale agricoltura? Si tratta di un’iniziativa pensata e coordinata da un insegnante di materie letterarie, il prof. Michele Fabbri, che non solo coinvolge le autorità cittadine, gli operatori di settore, i docenti e gli imprenditori, ma pone una domanda più che legittima, considerando come stiano ormai emergendo le responsabilità dell’agricoltura nella gestione del territorio e delle risorse ambientali. Il convegno cerca insomma di fotografare la crisi di identità di un mondo agricolo stretto fra la necessità della resa quantitativa e i ritorni di sovrapproduzione sempre più penalizzati dalle regole della CEE.L’iniziativa ha poi un seguito significativo. Nel gennaio del 1991 infatti si conclude un indagine statistica tesa a rilevare in ambito provinciale l’impatto dei fitofarmaci sulla salute degli operatori e sull’ambiente circostante. A condurla sono il Servizio multizonale di prevenzione delle Usl 30 e 31 insieme a una parte degli studenti del Navarra, seguiti da alcuni docenti e coordinati dal prof. Fabbri. A un centinaio di famiglie è stato distribuito un questionario, tanto articolato quanto rigorosamente anonimo, con domande sull’acquisto e utilizzo dei fitofarmaci. I risultati dell’indagine vengono presentati a un convegno presso il Centro Operativo Ortofrutticolo cui partecipano insegnanti del Navarra, operatori delle Usl, docenti universitari e rappresentanti delle istituzioni cittadine. Ne risulta un quadro alquanto preoccupante: scorrettezza diffusa nello smaltimento dei contenitori dei fitofarmaci, prevalenza di modalità di lotta antiparassitaria con forte impatto ambientale, preferenza data ai consigli dei tecnici delle case produttrici piuttosto che degli enti pubblici. A ciò si aggiunge una certa disattenzione per i pericoli derivanti alla salute degli stessi operatori dall’uso e dalla vicinanza alle sostanze chimiche. A rendere più inquietanti questi risultati c’è anche il fatto che una parte degli insegnanti di materie professionali del Navarra non ha ritenuto opportuno collaborare all’iniziativa.Ciò evidentemente segnala un certo disagio degli operatori di settore, che indicati (talvolta ingiustamente) come i principali responsabili dell’inquinamento ambientale restano sulle difensive. E tuttavia sono proprio iniziative come questa che avviano la possibilità di una presa di coscienza, preparando le basi per una maggiore sensibilizzazione e per un successivo, importante intervento legislativo. Se già infatti l’istituzione dell’Albo degli Agrotecnici riconosceva di fatto all’agricoltura un posto di rilievo economico e anche culturale - e in questa ottica la vita dell’Istituto Navarra aveva trovato una sua stabilità, cui corrispondeva l’alto numero delle iscrizioni fino almeno alla fine degli anni Ottanta -, fra il 1994 e il 1995 il legislatore sembra accorgersi che gli agricoltori non sono da considerare i nemici dell’ambiente, ma semmai la principale risorsa per la sua salvaguardia, dal momento che lo conoscono meglio di chiunque. Conseguenza dell’emergere del tema ambientale a tutti i livelli (compreso quello delle iniziative comunitarie sostenute dalla UE), questa nuova sensibilità pone le scuole per l’agricoltura al centro di una rinnovata attenzione, ritenendole le più idonee a trattare le problematiche connesse a questo tema.Inserendosi in questa linea, a partire dall’anno scolastico 1995/96 (Preside il prof. Aldo Ferraro) il Navarra modifica la propria configurazione: alla tradizionale qualifica di “operatore agroindustriale” affianca quella di “operatore agroambientale”, integrato nella nuova sigla di Istituto Professionale Statale per l’Agricoltura e l’Ambiente (IPSAA). Ma nonostante ciò, l’indubbia attrattiva che questa apertura presenta anche in termini di sbocchi occupazionali, il numero degli iscritti è ormai in diminuzione, secondo una logica certamente collegata alla cosiddetta ‘crisi’ dell’agricoltura ma di difficile interpretazione complessiva, che tuttavia modificherà  sensibilmente la vita e le attività dell’Istituto.

Risorsa ambientale e risorsa umana

Per intanto le sedi di Malborghetto e Ostellato, che da sempre effettuano cicli completi di produzione: dalla semina, alla raccolta e alla vendita dei prodotti, iniziano a porre maggiore attenzione ai temi ambientali. I docenti, che hanno ormai fatto proprie le ragioni del cambiamento, propongono l’introduzione di progetti di “terza area” finalizzati a una agricoltura a basso e bassissimo impatto ambientale. Oltre all’introduzione della lotta integrata, infatti, si decide di convertire l’azienda agraria della scuola alla produzione con metodo biologico e certificato, mentre si avvia la sperimentazione di un impianto d’irrigazione a goccia del frutteto con alimentazione ad energia fotovoltaica. Nuove materie vengono poi introdotte nel curriculum scolastico, fra cui l’ecologia agraria, che consente di studiare i rapporti fra gli equilibri di un dato sistema naturale e le modifiche introdotte dalla presenza dell’uomo e delle sue attività trasformative. Materia dunque indispensabile per poter sviluppare la sensibilità e le competenze utili alla gestione della tutela del territorio e alla salvaguardia degli equilibri dell’ecosistema.In questa ottica si inserisce anche la creazione, nella sede di Malborghetto, di un percorso cartografico-ambientale che ha i suoi punti di forza nella Carta del Basso Po e nel Modello planoaltimetrico della provincia di Ferrara. La prima, voluta dai tecnici dell’amministrazione napoleonica e realizzata fra il 1813 e il 1814, è una fondamentale rappresentazione cartografica, moderna e particolareggiata, del nostro territorio; il secondo è una stupenda opera di modellismo, che attraverso la definizione delle curve di livello evidenzia la struttura delle bonifiche. Insieme costituiscono due elementi di riferimento indispensabili per conoscere lo sviluppo storico del ferrarese.Presso la sede di Ostellato, poi, approfittando della vicinanza con le Valli di Comacchio e in generale con l’area del Parco del Delta del Po, ci si propone di formare una inedita figura di Tecnico agroambientale con competenze agrituristiche, in grado di affrontare la gestione aziendale nel rispetto dell’ambiente ma anche di adottare opportune tecniche di riconversione. Insomma un professionista che sappia tenere insieme la produttività e la salvaguardia dell’ambiente nell’ottica di uno sviluppo sostenibile. E tutto questo approfittando delle ore di “terza area”.Ma c’è un aspetto del Progetto ’92 che qualifica particolarmente l’attività del Navarra, differenziandolo dagli altri Istituti di istruzione superiore della provincia. La legge 104 del 1992, relativa all’integrazione e ai diritti delle persone disabili, vi trova infatti un’immediata ricezione. Questo ovviamente perchè il rapporto diretto con i processi del mondo naturale risulta di grande utilità dal punto di vista formativo. Lo sviluppo dei cicli vitali e la possibilità di partecipare al loro realizzarsi favorisce infatti il processo di crescita individuale, di autonomia e autostima degli studenti, e fa della nostra scuola un luogo ideale per affrontare i problemi collegati alla disabilità. Ma non bisogna dimenticare che l’apertura è stata anche una scelta consapevole e mirata, conseguenza di un atteggiamento lungimirante che anticipava lo spirito della legislazione successiva. Le leggi regionali n. 10 e n. 26 del 1999, infatti, dopo i primi anni di sperimentazione giungono a precisare il senso del recupero e inserimento del disabile nella società attraverso l’educazione scolastica. Oltre a ciò, il tema del ‘collocamento mirato’ elaborato dalla legge nazionale n. 68 del 2001 capovolge la precedente concezione dell’handicap. La legge infatti impone non più di valutare ciò che manca al disabile, ciò che non è in grado di fare, ma di valorizzare ciò che egli possiede in termini di conoscenze o comunque sa fare. Da peso superfluo egli si trasforma così in una risorsa per la comunità, che deve prevedere nuove forme di integrazione e valorizzazione anche attraverso l’utilizzo di fondi previsti dalle leggi regionali: cosa che appare come uno degli aspetti maggiormente interessanti dell’autonomia scolastica.

Questi ultimi anni

Continuando il proprio impegno nell’ambito dell’integrazione dei disabili, in questi ultimi anni il Navarra si è posto l’obiettivo di dare un senso concreto al loro percorso, elaborando progetti che consentano di operare in vista di reali prospettive di inserimento lavorativo. In questo senso ha avviato rapporti con Cooperative sociali e Laboratori protetti, che possono offrire opportunità di impiego a quanti hanno ottenuto una certificazione dei crediti formativi (che attesta le abilità e le competenze realmente acquisite attraverso percorsi individualizzati, all’interno di un complessivo progetto di “Alternanza scuola/lavoro”) o anche la qualifica del terzo anno (magari impiegando un numero di anni superiore a quelli previsti). In ambedue i casi la scuola, oltre a mettere a disposizione le proprie strutture operative (laboratori, officine, serre, ecc.), si avvale dell’utilizzo di personale educativo specializzato e della fondamentale figura dello “studente mediatore”, quasi sempre un ex alunno del Navarra che conosce la scuola e ha un’età non troppo superiore a quella del disabile. Fermo restando che la responsabilità didattico-educativa resta di competenza del Consiglio di classe e dell’Insegnante di sostegno, che si rapportano alle famiglie, ai Servizi sanitari e a tutti i soggetti esterni alla scuola, la figura dello studente mediatore sta diventando un riferimento indispensabile per il buon esito del lavoro.Sempre nel corso di questi ultimi anni, la vita dell’Istituto si è poi venuta misurando con alcuni problemi di carattere generale (la massiccia richiesta di tecnologia informatica, la necessità di integrare i tradizionali sistemi di apprendimento con la capacità di lavorare in équipe) e ha fatto proprie alcune istanze collegate all’ambito professionale (sensibilizzandosi verso nuove modalitàoperative compatibili con un basso impatto ambientale). Inoltre, conseguentemente all’introduzione dell’autonomia scolastica, la figura del Preside si è trasformata in quella del Dirigente scolastico, posto a capo di un polo che riunisce diversi Istituti fra loro affini. Per questo motivo le due sedi dell’Istituto Navarra, Malborghetto e Ostellato, a partire dal 1997 vengono accorpate all’Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato (IPSIA) “Ercole I D’Este” di Ferrara, con la relativa unificazione della parte amministrativa e dirigenziale ma con il mantenimento delle diversità nell’organizzazione dei corsi.Nel giro di breve tempo, tuttavia, le cose sono ulteriormente cambiate, poichè dal 2003 l’Istituto Professionale Navarra si è trasformato in Istituto Tecnico Agrario Statale (ITAS), adottando il progetto Cerere Unitario che prevede un biennio unitario (che rende agevole l’eventuale passaggio ad altra scuola oppure un breve percorso professionalizzante), più un triennio superiore che consente di ottenere il titolo di Perito agrario. Si tratta di una trasformazione importante, forse la più importante dalla sua nascita, di cui è difficile prevedere gli esiti e che rende arduo immaginare quale sarù il futuro.Tuttavia un paio di cose almeno si possono dire. La prima riguarda il fatto che un’indagine conoscitiva promossa nel 2002 dalla prof.ssa Iris Mattioli, al tempo Dirigente scolastico dell’Istituto, conferma quanto operatori e insegnanti avevano sempre saputo. Considerando i dati relativi al biennio 1997/98, l’indagine rivela che l’83% dei diplomati è attualmente occupato, un terzo dei quali con contratto a tempo indeterminato. Essi inoltre dichiarano abbastanza soddisfacente la situazione retributiva, giudicano positivamente l’offerta formativa ricevuta e sostengono che la loro attuale occupazione sia collegata a una conoscenza pregressa col datore di lavoro, iniziata al tempo della scuola, durante gli stage aziendali o nelle ore della “terza area”. Come a dire, insomma, che il lavoro svolto dalla scuola è stato utile e positivo. Proprio per questo allora, e per concludere con la seconda considerazione, è possibile affermare che l’impegno e la serietà che hanno fatto del Navarra un centro importante della vita scolastica (e non solo) della provincia certamente lo sosterranno nelle sfide a venire, nella convinzione che l’eredità del passato sia un patrimonio indispensabile per affrontare serenamente il futuro.

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